Pittura

PITTURA ESPRESSIONISTA
SIMBOLISTA

  • Paolo Rizzi

    Ciò che colpisce, di prim' acchito, è la forza del colore. E' un colore libero, quasi selvaggio, che talora s'addolcisce nei mezzi toni e talaltra scatta e irrompe nello spazio. Poi ci si accorge che, magari dal fondo, qualcuno ti guarda perplesso; una o più figure spuntano dalle pieghe della materia; qualcosa si muove tra le dune o i cespugli; e lo spazio s'allunga paurosamente. Si resta attoniti. La pittura va al di là dell'epitelio cattivante: essa cela misteriosi pertugi che ci spiano  e attraverso i quali si è invitati ad arcani colloqui.

    La pittura di Gabriella Santuari è così. Potremmo definirla sfuggente, ma anche sensualmente prensile. Può restare distante, in superficie, lontana dai nostri sentimenti, pura apparizione di forme e colori; ma può anche ( e lo si capisce ) coinvolgerci e impossessarsi avidamente di noi: fino a diventare (perché no?) essa stessa specchio dei nostri desideri, delle nostre frustrazioni, delle nostre sofferenze, della nostra voglia di infinito. Allora noi sentiamo la sua attrazione; e finiamo per entrarci dentro, per stringere con essa un abbraccio patetico e felice. E' come se questa pittura, all'inizio così riservata e un po' ispida, o almeno imbarazzante, la facessimo nostra, ce la sentissimo amica. Quante sorprese ci può riservare! Diventa, al limite, il nostro identikit.

    In realtà Gabriella Santuari lavora in un modo tutto suo. Parte dalla massa cromatica, presa dal gusto del colore che si espande e vive e prorompe davanti a lei. Nel contempo si lascia prendere dal quoziente simbolico; e quasi continua (se così si può dire) l'opera del caso. Un procedimento di eco surreale: che si tramuta in energia espressiva. La materia si volge alla volontà dell'artista che con essa interagisce: si piega, diventa tramite di ciò che pulsa dentro l'animo dell'artista. A ben vedere c'è, sul fondo, un dolore esistenziale, un nodo difficile da sciogliere, che però lentamente dà spazio alla speranza, quindi alla fantasia. Ecco che una liberazione primaria irrompe: la si sente. E' da essa che nascono i “racconti” dell'artista, cioè le sue confessioni. Le figure cominciano a muoversi in uno spazio magmatico, irreale e pur immerso nella natura. Ci si chiede: qual è il significato recondito, cioè la chiave di lettura? Non c'è chiave. L'artista l'ha gettata nel mare. Ognuno di noi si impossessa della pittura e la fa propria. Quasi la plasma perché essa si lascia plasmare. È fatta per entrare nel colloquio con gli altri.

    Ecco il motivo per cui questi dipinti  su cartone, per lo più di forma quadrata e della stessa misura, hanno un forte potere di seduzione. Potremmo anche parlare di un'ascendenza categoricamente nordica di Gabriella Santuari, cioè di un romanticismo che si vena di accenti vicini ora a Ensor, ora a Munch, ora a Nolde, ma sono indicazioni che presto si sfaldano. Si capisce come la molla che tutto muove sia l'istinto dell'artista, la sua prepotente voglia di comunicare. Così, ad esempio, il colore che forse inizialmente tenderebbe ai toni lividi e spettrali si scalda, s'inturgidisce, acquista un timbro mediterraneo, come desiderio di sole, di vento, di mare. E le figure diventano metafore di un modo di accogliere la vita: un modo che nasce, come s'è detto, dalla sofferenza e preme verso la gioia del comunicare.

    Credo che questi connotati siano in corrispondenza alla nuova cultura che sta montando sulla cresta del secolo. L'artista, libero da ogni vincolo, si offre agli altri come spunto e stimolo di una riflessione che diventa per noi autoriflessione. Un viaggio di Ulisse (l'ultimo?) oltre le colonne d'Ercole: uno scoprire nuovi orizzonti, un gettare lo sguardo sull'abisso. Il senso dell'avventura, cioè della scoperta dell'inusuale, si accoppia ad una sensibilità sottesa, financo nevrotica, che affiora in ogni momento come bisogno di amore. Così noi intravediamo la pittura di domani: proprio per farla nostra, per impossessarcene. Non è più il tempo di un'ammirazione da lontano: è il tempo di una partecipazione dal profondo. Gabriella Santuari ha questa capacità di renderci complici del suo mondo che si espande come una galassia verso l'infinito.


  • Guglielmo Monti

    ...Gabriella Santuari persegue un proprio riscatto della quotidianità, quando, come lei stessa racconta, smonta i cartoni che contenevano merci per ridurli a un piano, sostrato su cui la pittura può operare trasfigurazioni. Questo gesto originario fornisce agli esiti successivi un primo marchio significativo, da cui non si potrà più prescindere; d'altronde, l'elaborazione formale non si esaurisce nella messa in luce di materiali dell'esistenza, ma arriva ad evocare col colore un mondo interiore. Come nel gioco mutevole delle nuvole o in quei disegni che servono agli psichiatri per evocare associazioni, le macchie di colore con cui l'artista interroga il supporto e se stessa suggeriscono volti, figure, architetture, intere città. Dalla casualità della pennellata iniziale nascono senza un progetto premeditato accostamenti emotivi, nell'abbandono dell'immaginazione e nell'ascolto dei ricordi. Il risultato è stupefacente, perché fa apparire la violenza espressionista di Munch o di Kirchner, approdando agli incubi e alla monumentalità di Sironi.

  • Alfredo Pasolino

    …l'opera di Gabriella Santuari può essere letta come lo specchio della vicenda di un'intellettuale che ha sempre rifiutato di cedere alle facili illusioni degli accademismi in voga, dell'abbandonare la descrizione naturalistica e di individuare quelle emozioni violente, istintive e irrazionali da trasfigurare fino ai limiti surrealistici dei volti, con i loro volti vacui e dolenti, del sentimento tragico della paura. Trans-espressionista nei personaggi della strada, di astrazione surrealista. Informale negli acrilici. Con la tavolozza dai colori accesi, aggressivi, virulenti, che si adagiano sapientemente sulla superficie con equilibrio e intenso contenuto culturale.

    Pittura esistenziale, per espandere zone oniriche e metafisiche che racchiudono il dolore dell'umanità.Per intrecciare linee e forme che interpretino, scompongano, semplifichino e ricompongano lo spazio insieme alle problematiche della figura/sfondo. E alla meditazione tra il formale e l'emozionale, al limite di una scansione oscillante tra la fatica dell'espressione e il trans-espressionismo delle figurazioni astratte e surrealiste. Per approdare a uno spazio “altro”...In lei circolano linfe che hanno percorso un certo filone di pensiero europeo: l'animo mite, ancora prima della pennellata lieve (“La statua” e “L'inverno in attesa della primavera”), insinua appena aspirazioni simboliste di trepida attesa, nostalgie, di sensuale denuncia, il senso ineluttabile della vita. Il ripetersi delle figure, le linee di contorno, il colore contrastato, rendono il dipinto dolente, ensoriano, di forte penetrazione psicologica. I suoi originali monotipi urbani a chiarezza rutilante, minimalisti, veramente innovatori, non sono fantasmi- ai limiti della surrealità espressionista, atti a esaurire le loro forze- ma espressione di un viaggio dell'inconscio, tra sogno e realtà, filtrando sentimenti della disperazione e della decomposizione del mondo non in chiave pessimista, ma come specchio di una vicenda esistenziale, quando la figura viene afferrata in una tappa d'una via infinita cui scorre senza fine, e senza fine si espande nell'astrazione onirica e metafisica che racchiude nel dramma il grido letto nei volti. Dove personaggi e situazioni, esclusivamente al servizio della pittura, cercano in noi una speranza, come consapevolezza di una perenne assenza che la vita si porta addosso. E' la lezione del non finito, dell'opera aperta al dibattito, frammentaria che, come l'artista ha intuito, sottrae alla  vita.



PITTURA TOTEMICA
  • Chiara Polita

    Panta Rhei

    Panta Rhei, tutto scorre nell'eterno flusso della vita che si rigenera e si modifica di continuo in un suggestivo gioco di metamorfosi, che intrecciano la storia dell'uomo al suo ambiente di cui è centro ed elemento costitutivo al tempo stesso. Nel suo moderno Umanesimo Gabriella Santuari pone al centro l'uomo attraverso un suggestivo ed evocativo viaggio nell'anima, che manifesta l'ansia di ritrovare un'identità per fissare un equilibrio. E questa ricerca dell'essenza oltre ciò che appare è concentrata nei volti, specchio dell'anima, dei numerosi “ personaggi in cerca d'autore ” e di identità che animano e fanno vibrare i suoi quadri: volti appena abbozzati, volti incisi e scavati, volti evanescenti, volti che ci scrutano e sfidano la nostra sicurezza. A volte sono dolci sguardi trasognati, malinconici, altre invece occhi indagatori ci scavano dentro e sembrano metterci allo specchio con le nostre ansie e la paura di non riconoscersi in ciò che quotidianamente vediamo e nell'immagine di noi stessi riflessa negli altri. L'uomo dunque, col proprio scrigno di emozioni e di relazioni affettive, frantumato in mille diverse identità, rappresentate da quei volti di persone che quotidianamente vediamo ma che ignoriamo, perché evanescenti, perché non appaiono, ma cercano la nostra attenzione e che magari un giorno faranno parte della nostra storia. In un'era virtuale che avvicina le persone via cavo rendendole spesso sole e incapaci di relazioni dirette, la pittura di Gabriella Santuari sconfigge quest'ansia di vuoto e di solitudine riscaldando il cuore con la speranza della solidarietà umana, in un coro di volti e di sguardi, inno alla vita che ancora ha fiducia nell'uomo.

    Cattedrali umane appaiono quindi come visioni da fondi neutri che raccontano una storia antica: sono pinnacoli di volti, cariatidi di anime che tendono all'infinito e si fondono con armoniose architetture che sognano il futuro, specchiandosi nell'antico. Così “In attesa“ si staglia dal fondo azzurro spirituale quasi come fusto granitico di un'antica colonna scanalata. Ma l'artista invita a seguirla oltre l'apparenza e da quelle lingue di colore che graffiano la tela si riscopre un cesello di anime e di architetture che aspirano al cielo.

    I volti si accostano e sfumano delicatamente gli uni agli altri, quasi a evidenziare un bisogno di contatto e di affetto che offra riparo e sicurezza. Come l'etrusca ombra della sera i corpi si allungano, eterei e leggeri perché non rappresentano l'involucro ma l'essenza, l'anima che si stacca dalla terra per proiettarci nell'infinito. In questa comunione di affinità elettive centrale risulta la figura dei due sposi, la cui unione li immortala come pilastro centrale di una cattedrale di affetti e di solidarietà. Così anche le architetture giocano spesso con grattacieli di vetri e specchi, attributo tipicamente femminile, ma che nella trasparenza e nel gioco di luce rimandano a un bisogno di purezza, di verità, in una dimensione spirituale. Antico e moderno si incontrano, si cercano e non si dimenticano, nella coscienza che perdere la propria memoria storica significa perdere la propria identità, necessaria per costruire un futuro in cui riconoscersi. Per questo tra i volti appaiono spesso dolci figure di bambini, eredi del nostro passato e depositari del nostro futuro; ma sono spesso anime piccole ed evanescenti che sembrano non avere spazio e attenzione nel nostro mondo. Troppo tenue e sincera è la voce bianca dei bambini in un tempo che esalta il rumore, lo strepito e le tinte forti della vita. Ma l'artista, con dolcezza materna, incoraggia anche quelle delicate figure di bimbi ad uscire e a manifestarsi, come lumi di innocenza e di purezza.

    In “ Non del tutto manifesto “ la suggestiva visione e il messaggio di Gabriella Santuari si affermano come certezza, come monolito che appare da un fondo d'oro compatto. Sulla sinistra in basso una figurina umana, quasi asciutta silouette di un antico graffito, passa davanti a un manifesto  di proporzioni smisurate rispetto la piccola anima: simbolo di una comunicazione e pubblicità aggressive che schiacciano e ossessionano l'uomo, spesso impotente e indifeso, vittima di un'idea di bellezza e di successo che lui stesso ha creato. Allo stesso tempo l'incapacità di cogliere l'essenza non rende manifesto ciò che va oltre l'apparire: sguardi, affetti, stati d'animo e il nostro ambiente che nell'insieme ci restituiscono l'immagine di noi stessi. Così il quadro assume una dimensione spirituale e diventa icona del nostro tempo, galleggiando in un fondo d'oro quasi come metafisico mosaico bizantino.

    Un “ Mondo sommerso” di emozioni, di incontri e piccoli semplici gesti è sotto i nostri occhi ogni giorno. Come un fiume la vita scorre, lava e purifica i pensieri, scava e costruisce suggestioni o vivifica i ricordi. E con il dono degli artisti, che come malinconici e saggi veggenti vedono ciò che gli altri non riescono a vedere, la pittrice rincorre e reinventa le forme che scorge in ogni riflesso, bagliore, nuvola o scheggia di colore; così ritrova il proprio mondo, universo partecipato delle persone che richiama alla luce dalla grigia indifferenza e dalla gabbia della solitudine contemporanea.

    “Chi popola i miei sogni” appare come un puzzle di sguardi e di volti che assumono una posizione centrale rispetto la figurina marginale e stilizzata dell'artista, assorta nelle braccia di Morfeo. E anche quando le palpebre velano gli occhi, l'anima non è ancora stanca di guardare, di cercare per capire e per capirsi. L'artista sembra non poter fare a meno degli altri e del contatto con le persone che la circondano. Inevitabile appare il confronto con quei volti e con quell'occhio centrale che cerca lo sguardo dell'osservatore e lo interroga sulle sue certezze: quanto la nostra sicurezza e il nostro equilibrio dipendono dal giudizio degli altri e dall'immagine che vorremmo dare agli altri di noi? Cosa sanno gli altri di noi e cosa sappiamo noi di noi stessi ? Sereno o turbato, chi osserva si specchia nella propria anima tra contrappunti di emozioni, ricordi, paure e suggestioni, nate dal vortice provocatore di uno sguardo.

    Così in “Totem“ il messaggio dell'artista, bisogno di confronto e di relazione, si afferma quasi come antico xoanon scolpito nel legno, sacra immagine posta al centro del proprio santuario di valori e di emozioni.

    Nell'ultima produzione i brillanti blocchi di figure, dai toni eterei e pastello, sempre unite e vicine, vengono liberati dalle loro forme, come moderni Prigioni, su fondi compatti, uniformi e opachi. Importante è per l'artista condividere un messaggio che propone i propri valori e il primato degli affetti come blocco monolitico, certezza incorruttibile in un mondo frenetico di apparenze che glissa sui rapporti e non ha tempo di riflettere. L'attenzione è ancora ai volti; i corpi, coperti da lunghe tuniche, non interessano, perché ciò che conta è valorizzare innanzitutto una comunione di anime che si cercano e si sostengono a vicenda nei diversi e imprevedibili sentieri della vita. Così è in “Abbracci “ e in “Ragionando d'amor” ispirato ad un sonetto del Petrarca.

    L'artista non fugge dal proprio tempo e dalle proprie responsabilità, come in “I genitori si interrogano”e in “Gli adulti riflettono”, e valorizza il ruolo della donna, quale bambina, sposa, madre, amante, professionista: donne dolci e remissive, madri e figlie, donne rampanti e aggressive che minacciano l'uomo, ma soprattutto donne come silenziose e preziose mediatrici di armonia, che assorbono e rielaborano le ansie e i contrasti quotidiani, per convertirle in pace e serenità per i propri affetti.

    In “Maternità” e in “Storia familiare”, come un candido e rassicurante blocco di marmo risultano in primo piano le figure femminili, mentre l'uomo, che pure cerca di svettare per portare protezione e sicurezza, è a lato e partecipa a quel nucleo di affetti, di cui sembra orgoglioso, con le mani in tasca: altre sono le sue responsabilità rispetto alla moglie e madre, centro magnetico che tiene sempre comunque unita la famiglia, rinunciando spesso ai suoi spazi.

    Pantha rhei: tutto scorre. Nella pittura di Gabriella Santuari il colore crea, il colore distrugge: fa vibrare ed esalta, cancella e offusca ricordi e suggestioni, lasciando all'artista la pazienza certosina di riscoprire luci e ombre, forme e volti. Un segno nitido, leggero o marcato, incide allora la materia, scava la tela per riportare alla luce strati sommersi di emozioni e sogni dimenticati, parlando sempre il linguaggio dell'uomo.

    Così in “Anime in riva al fiume” quasi da un sogno appaiono delicate figure, come fasci di luce aurorale, raccolte in riva al fiume della vita, libera corrente in cui scorre l'esistenza, tra gioia e sofferenza. Condividono tutte la stessa terra, anche se raccontano storie diverse. Nell'eterno verde smeraldo si specchiano infatti da sempre anime di bambini, di giovani, di adulti e di anziani, come alte ed esili candele accese dalla luce dei loro volti che riscaldano i cuori e sembrano intonare una dolce preghiera alla vita.


  • Paolo Rizzi

    TRA SURREALISMO E NARRAZIONE

    Un racconto profondo e sofferto sull'esistenza umana, un'indagine libera sul valore intimo delle forze che appartengono all'uomo e alla natura, l'analisi delle pulsioni che governano l'emotività e nel contempo l'espressione artistica. Con questi termini, tra surrealismo e narrazione, si staglia raffinata e intensa la pittura di Gabriella Santuari, originale interprete di un contesto espressivo che trasfigura memorie e dati di cronaca, problematiche esistenziali, inquietudini e tensioni emotive. L'autrice racconta "i mali” dell'umanità entro i profili di uno spazio dove si sovrappongono figure e ambientazioni, ricordi rimasti indelebili nella mente. I colori dipanati, le atmosfere ovattate, le espressioni attonite dei volti si uniscono nella pittura in un ritmo continuo di segni e di diafani contorni, forme sospese da scomporre e ricomporre in una visione onirica.

    Gabriella Santuari, come in una allegoria metropolitana, narra l'eterna vicenda della figura umana che lotta per imprimere al caos una sua misura, un ordine costantemente vanificato dall'imprevedibile intervento del destino, misterioso artefice delle azioni e dei sentimenti collettivi.                  


  • Paolo Rizzi

    UNA PREGNANTE POETICA INTERIORE 

    Come un'intensa evocazione, intrisa da una magica e sfuggente atmosfera, la poetica di Gabriella Santuari si rivela una meditazione personale sugl'incontri fuggevoli e transitori che contraddistinguono i rapporti umani della modernità.

    La sua pittura, dai forti influssi espressionistici, coglie l'intensità delle relazioni umane attraverso un calibrato processo di sintesi delle immagini caratterizzate da colori intensi e profondi, da prospettive dilatate, da figure scarne che vibrano nel segno incisivo e modulato.

    Gabriella Santuari traccia con mano sicura le ambientazioni, mirando sempre a una realtà visionaria, trasfigurata, scandita da lontani profili architettonici che si stagliano incombenti nello spazio dove l'uomo è, suo malgrado, il malinconico protagonista.

    L'immediatezza della visione, la passionalità estemporanea, i colori pastosi sono tutti elementi che riflettono la reazione sensibile dell'autrice, la quale vede e trasmette, anche al di fuori della superficie pittorica, l'espressione di un contatto fisico con il mondo. La pittura s'impadronisce delle suggestioni e delle esperienze transitorie che Gabriella Santuari interpreta nel loro compiersi per trasformare i dati di un mondo convulso e contraddittorio in brani di una pregnante poetica interiore.


  • Sergia Jessi Ferro

    L'attenzione di Gabriella è concentrata sull'uomo, i suoi sentimenti, le sue passioni, le gioie, i tormenti non sul fenomenico che ci circonda. In questi dipinti di grande poesia, così essenziali, si coglie subito come ogni elemento proprio della rappresentazione pittorica sia usato in senso simbolico, vedi il colore, l'articolazione delle masse, l'andamento del segno, la mancanza di precisi riferimenti spaziali e temporali. Gabriella dà dei segnali d'attenzione alla condizione umana: non è importante quello che sta fuori di noi ( le figure stesse sono asessuate, appena accennate nella fisicità ), ma l'interiorità, quest'unione di sentimento e io razionale che può portare l'uomo a vette irraggiungibili come sprofondarlo in abissi senza luce. Queste silhouettes che si cercano, si stringono l'una all'altra quasi compenetrandosi difficilmente possono essere dimenticate e richiedono una riflessione sulla condizione umana.

  • Le mie figure allungate

    Le opere realizzate tra il 2000 e il 2005, che riproducono figure allungate, gruppi familiari, gente che si sostiene e si abbraccia, sono state ampiamente trattate dalla critica, ma qualcosa voglio dire anch'io, perché riguardano un passato a cui resto legata con molta nostalgia. E' stato il periodo nel quale i figli, uno prima uno dopo, erano partiti per luoghi molto lontani o, tornati, avevano sentito il bisogno di andare a vivere per conto loro. I genitori e alcuni parenti stretti se ne erano andati per sempre. Mi venivano a mancare affetti e ruoli importantissimi che avevo fino ad allora vissuto intensamente, ma senza un'autentica consapevolezza. Ecco quindi il perché di queste figure ieratiche che, mentre si allungano in modo innaturale, si raggruppano, si sostengono tenendosi stretti l'un l'altro, si abbracciano; adulti, anziani, adolescenti, bambini. Il colore, misurato e delicato come il tema rappresentato, veniva dato attraverso un procedimento che aveva del catartico, cioè distribuito su un supporto rigido, a piene mani o con spatole prese “in prestito” dalla cucina, e con  un movimento verticale e ripetitivo; mi arrestavo solo quando i miei occhi scoprivano un “messaggio” nascosto: mi si rivelavano delle scene e delle figure che mi sentivo di dover evidenziare per riportarle in questa vita e per mostrarle agli altri. Mi sono state riconoscenti per questo e sono ancora lì, serene, a invitarmi a unirmi a loro. In fin dei conti in gruppo si sta bene e infatti l'istinto di appartenenza è molto forte, secondo solo a quello di sopravvivenza!


PITTURA DIGITALE
  • M. B. Rigobello Autizi

    “...Gabriella Santuari crea opere che hanno come soggetto privilegiato il volto femminile. Partendo da dipinti di piccole dimensioni e avvalendosi dell’uso del computer, dà origine a grandi quadri su cui l’artista reinterviene pittoricamente. La piccola immagine dipinta si ingigantisce, viene rielaborata, spesso trasformata in qualcos’altro. L’arte si traduce in un consapevole stravolgimento del motivo che è servito come punto di partenza creativo, in un desiderio di riproducibilità in grado di eludere il concetto di unicità dell’opera d’arte. Una concezione creativa memore delle valenze e dei significati della pop-art, in particolare della fascinosa serialità alla Andy Warhol, che Gabriella Santuari interpreta in modo personale. Arte come interpretazione, come idea che soggiace a molteplici e consapevoli rielaborazioni, come elemento reale e interpretativo. Opere in cui il colore, dato con il pennello, si intreccia ai complessi cromatismi digitali determinando inediti rimandi di valenza psicologica. L’intensità espressiva traduce efficacemente il volto femminile in quelli che sono i sentimenti e i caratteri della donna che l’artista vuole rappresentare: la volontà di imporsi nel mondo, la forza, ma anche la solitudine, la sofferenza, il senso di impotenza, la capacità di sapersi risollevare...”. 

  • M. B. Rigobello Autizi

    “Attenta alle problematiche del mondo attuale, Gabriella Santuari orienta il suo interesse verso le tensioni  del nostro tempo, con uno sguardo particolare all'animo femminile. Nella sua produzione pittorica i soggetti ricorrenti sono infatti le donne, donne forti, spesso con grandi occhi espressivi, avvolti da un' aureola di colore che accende di luce la realtà: donne dalla personalità poliedrica, che passano attraverso dimensioni che vanno dal molto grande all'infinitamente piccolo, senza mai perdere la loro identità emblematica, puntano lo sguardo intenso sull'osservatore o fuggono  verso un mondo che solo loro sanno individuare, in una fissità codificata che ne sintetizza il destino; apparentemente simili, quasi uguali, ma in realtà profondamente diverse, caleidoscopio di un'identità complessa, tormentata, ostinatamente preservano un nucleo gentile e immaginifico di se stesse.Trasformate in pura immagine, figurativamente reali, ma paradossalmente virtuali, simulacro omologato di un sistema acquisito, riescono a stabilire una sorta di collegamento con il mondo e, paradossalmente, si trasformano da comparse in protagoniste. Donne che rivelano una fatale transitorietà, ma anche la forza di essere se stesse, a volte vinte, a volte vincitrici...”    

  • Barbara Codogno

    “...Nel solco di una tradizione poetica quanto mai nitida e che senz'altro si dipana a partire da quelle  riflessioni che animarono anche la ricerca di Giosetta Fioroni, Gabriella Santuari propone al pubblico una serie di opere digitali, sulle quali poi interviene pittoricamente, aventi come principale soggetto il volto femminile. 

    A dire il vero Santuari, nonostante le svariate sperimentazioni e le molteplici incursioni anche in altri ambiti di senso, ha da sempre avvicinato l'anima femminile attraverso la priorità del volto. Questi volti riverberano misteriosi paesaggi intimi, emotivi e psicologici.  

    Nei lavori di Santuari la luce è componente determinante e preponderante, tanto da ricordare il mito di Diana e Atteone: era mezzogiorno, momento di massima luce, quando Atteone fu accecato dal palesarsi della Dea, e poi trascinato nelle tenebre della trasmutazione. 

    I volti di Santuari sono cesellati da una luce talvolta opaca, talvolta opalescente; momenti di rara perfezione stilistica e poetica..."    

  • Antonella Giovenzana

    “Se il mondo femminile è il tema centrale del lavoro di Gabriella Santuari, è lo sguardo femminile il nucleo della sua ricerca artistica. Mai più di così gli occhi sono stati specchio dell’anima, rivelatori di turbamenti e travagli interiori. Da artista donna guarda il mondo di oggi e lo traspone nelle donne che ritrae nei cui sguardi passa una gamma infinita di emozioni e stati d’animo, dalla tristezza alla felicità, dalla dolcezza alla rassegnazione, dalla debolezza alla forza. Sono donne che rivelano una fatale transitorietà dell’esistenza, mostrandosi senza remore a volte vinte, a volte vincitrici. Non sono donne che sfidano con lo sguardo chi le osserva, si propongono senza ammiccamenti maliziosi, naturalmente per come sono e come tali vogliono farsi accettare. La rappresentazione dei volti femminili è realizzata con una tecnica particolare che mixa sapientemente fotografia e pittura su tele di grandi dimensioni e dal forte impatto cromatico. Ha partecipato a numerose mostre personali e collettive in Italia e all’estero, oltre ad essere stata ospitata in due mostre collaterali della Biennale di Venezia (2007 e 2013) con installazioni site specific".  

  • Mie considerazioni sull'arte digitale

    Mie considerazioni sull'arte digitale

    Le opere pittoriche che più mi rappresentano attualmente sono digitali e uno dei miei obiettivi é quello di dimostrare che nella cultura c'è spazio per questa forma d'arte: é più vicina alla realtà di oggi. 

    E' un'arte divertente, esuberante, se si vuole anche immediata nel risultato. 

    Io parto da un mio bozzetto o da una mia fotografia, ma poi la elaboro a lungo. Mi piace lavorare al computer perché la tavolozza dei colori é molto ricca e si può arrivare a un risultato a volte imprevedibile, sorprendente e plurimo: si possono infatti produrre innumerevoli immagini finali, una diversa dall'altra e nuovamente manipolarle per farle diventare altro ancora. Molti pensano che nel lavorare così ci sia poco di creativo, che faccia tutto il computer, invece si insegue o asseconda sempre un'idea, un progetto. E' la poetica dell'artista a dirigergli la mano e il suo obiettivo finale, ben presente, lo aiuta a cogliere il risultato più consono a quel pensiero iniziale che è il suo quid speciale. L'immagine, in questa fase mai clonazione ma continua riproduzione, trasformazione, evoluzione, a un certo punto prende corpo e alla fine si rivela. Eccola! E' solo lo strumento a cambiare: un mouse al posto del pennello. 

    Il monitor può dare forti emozioni, può procurare una  sensazione analoga a quella che prova un pittore quando, dipingendo concentrato, sente di “entrare nel quadro” e poi, dopo esserne “uscito”, si domanda se è stato  proprio lui a farlo; così avviene con l'attuale sostituto della tela: una volta catturati ci si perde dentro. Non solo. Questo presenta  dei colori molto accesi, più vivaci del reale, che colpiscono la retina, raggiungendo  il cervello e bombardandolo continuamente. Si arriva a perdere il senso della realtà. E' una specie di droga, di cui alla fine non si può più fare a meno, che fa scivolare in quello stato di grazia che gli artisti conoscono bene.

    Fatta la scelta finale tra le tante immagini realizzate, questa viene poi stampata e, siccome  considero il suo effetto sempre un po' freddo, ci  intervengo sopra manualmente, intrecciando i complessi cromatismi digitali con gli acrilici e le vernici, usando pennelli, spugne, carta, tamponi imbibiti di colori e quant'altro. In questo modo l'opera, alla fine del percorso sì clonazione di se stessa perché riproducibile, può tornare a diventare unica. In questa fase di sistemazione finale, mentre ritorno a rivestire il ruolo di pittrice, non tengo in mano solo gli strumenti di lavoro, ma anche quel cordone ombelicale, un po' allentato, che mi lega alla mia creatura. Lo lascio andare un po' alla volta perché questa porti in giro il mio/suo messaggio. 


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